Gli ultimi anni e il neofuturismo
Negli anni precedenti e durante la Seconda guerra mondiale Ginna abbandona ogni attività in ambito futurista. Insegna disegno professionale nelle scuole e, per le sue competenze in materia, viene assunto come funzionario della Direzione Generale del Cinema presso il Ministero della Cultura popolare.
Poi, gli anni del clamore futurista si dilatano in venti anni di silenzio e di oblio. Per certi versi la carica progettuale e creativa di Ginna aveva già subito una svolta prima della Guerra, ma la perdita degli ideali politici, degli amici e la disgregazione delle idee coltivate in quasi trent’anni di attività nel Movimento provocano un ulteriore estraniamento dell’Artista dalla scena culturale italiana. Sono gli anni dell’introspezione e della solitudine. Ginna, dopo la Guerra, lavora come funzionario del Ministero turismo e spettacolo, alla direzione generale della cinematografia e della commissione per la censura.
Ma nel chiuso del suo studio continua il mai interrotto studio dell’opera Steineriana. Riprende in mano i vecchi taccuini e ne scrive di nuovi dove annota esperimenti di alchimia, appunti d’arte, forse finalizzati a libri mai scritti, annotazioni su tecniche pittoriche sperimentali, pensieri filosofici applicati all’arte, alternati con note salutistiche e sistemi matematici per vincere il totocalcio. Scrive di Pittura occulta e di Storia dell’evoluzione spirituale della pittura. Torna e ritorna instancabilmente a spiegare e forse a spiegarsi la sua stessa arte.
Principalmente Ginna in questi anni dipinge. In realtà non ha mai smesso di farlo per sé stesso, solo per la sua personale ricerca. I temi sono molteplici e sempre gli stessi: accordi cromatici, temi musicali, spiritualità, ritratti animici, paesaggi fantastici. Ma la pittura figurativa, mai completamente abbandonata sin dagli anni dell’Accademia, è quella che meglio si confà alle sue ultime ricerche nel campo dello spirituale nell’arte.
Il neofuturismo.
Alla fine degli anni Cinquanta la pubblicazione di alcuni testi critici ed a carattere documentario sui primi anni del Futurismo risvegliano l’interesse di studiosi e di artisti per le tematiche del Movimento. Incredibilmente dall’oblio e dal ghetto in cui, tranne rare eccezioni, si erano isolati, i protagonisti e i testimoni di quegli anni si ritrovano nuovamente legittimati a proclamarsi futuristi ed a far conoscere il loro lavoro.
La riproposizione di questi temi provoca un nuovo impulso nella pittura di Ginna che, come molti artisti della sua generazione, comincia a rivisitare le tematiche affrontate nei primi anni del Futurismo. Ma lo fa in modo nuovo, più consapevole, padrone di uno stile che ora non è più ricercato ma è conquistato. Per certi versi è ora stilisticamente più futurista di quanto non lo sia stato allora.
Arnaldo Ginna rimane comunque ancora nel suo esilio, restio a mostrare e a far girare la sua opera, principalmente dopo essere stato privato dell’ultima copia rimasta di Vita futurista, affidata ad uno studioso che ne avrebbe dovuto curare il restauro e mai più ritornata al suo proprietario (probabilmente il film è andato distrutto proprio a causa dell’incauto restauro e ne rimangono solo pochi fotogrammi).
La cosa che più lo fa soffrire però è il vedere dimenticato il suo ruolo di precursore dell’astrattismo, titolo che rivendica con tutte le sue forze.
Per questo motivo nel 1961 pubblica Arnaldo Ginna. Un pioniere dell’Astrattismo, con testi del filosofo Scaligero e del gallerista Sprovieri nei quali viene ricordata la sua presenza alla mostra futurista del 1914.
La riscoperta di Arnaldo Ginna avviene grazie al lavoro di Mario Verdone, critico e storico del cinema e delle avanguardie che tra il 1967 e il 1968 pubblica i suoi scritti ed alcune sue opere pittoriche.
Nel 1969 un altro critico, Giuseppe Appella, cura una mostra monografica a Macerata e poi a Roma, in cui vengono esposti per la prima volta, circa settanta disegni, dal 1908 al 1967, che testimoniano finalmente il valore del lavoro di quest’artista, Da allora le sue opere iniziano a partecipare ad esposizioni sull’arte delle avanguardie in Italia ed all’estero e negli ultimi anni della sua vita, seppur sempre in modo schivo e defilato, Ginna riprende il suo ruolo pubblico di artista. L’ultimissima produzione, quella dei Numeri magici, è dettata da una nuova teorizzazione filosofica, che si sviluppa ulteriormente nell’Antipittura. Espressioni interiori e del mondo senza colori e forme, della fine degli anni Sessanta.
Nel 1970 viene pubblicato, a cura di G. De Turris, il testo Le quattro stagioni. Liriche e litografie di Arnaldo Ginna a cui seguirà la stampa della serie di litografie Le quattro stagioni nel 1971, che si può considerare l’ultimo lavoro dell’Artista.
Tre anni dopo la sua morte, nel 1985, Mario Verdone gli dedica una pubblicazione ed una mostra monografica nella sua città natale, Ravenna, ad ideale chiusura di un percorso artistico ricco ed importante.
Testo di Lucia Collarile.